Identificata l’originaria funzione dell’Ipogeo borbonico di Piazza del Plebiscito

L'ipogeo borbonico di Piazza Plebiscito - Image by Comune di Napoli

L’ipogeo borbonico di Piazza Plebiscito – Image by Comune di Napoli

di Kasia Burney Gargiulo

Poche settimane fa si sono riaccesi i riflettori su uno degli spazi storici meno conosciuti, ma più spettacolari, della città di Napoli. Un luogo oserei dire pressoché ignoto ai più essendo rimasto sigillato per due secoli nel ventre della celebre Piazza del Plebiscito, delimitata dalle facciate del Palazzo Reale e della Basilica Reale Pontificia di S. Francesco di Paola. Quest’ultima – voluta dai Borboni dopo la loro restaurazione e nata dalla variazione di un precedente progetto commissionato dal sovrano francese Gioacchino Murat per un edificio pubblico riservato ad assemblee popolari – cela nei suoi sotterranei un vasto ipogeo circolare di grande fascino architettonico prossimo ad assere aperto ai visitatori come prestigioso contenitore culturale. Se di questo ipogeo, già previsto nell’originario progetto murattiano degli architetti Laperuta e De Simone, si è detto assolvesse a funzioni di tipo pubblico collegate a quelle della struttura superiore, rimaneva tuttavia da chiarire in che modo i Borboni ne avessero mutato la destinazione una volta decisa la costruzione della Basilica, che lo sovrasta dal 1816.

A dare una risposta al quesito è ora lo studio effettuato dall’architetto Sergio Attanasio, presidente dell’Associazione Palazzi Napoletani, che ha affidato la divulgazione delle sue conclusioni alle pagine del Corriere del Mezzogiorno. La sua tesi, corroborata da fonti d’epoca, attesta un previsto impiego dell’ipogeo quale ”pantheon” della dinastia borbonica, ossia uno spazio destinato ad ospitare i sepolcri di sovrani e principi di Casa Reale.
 

Stemma della casa reale Borbone-Due Sicilie introdotto con decreto del 21 dicembre 1816

Stemma della casa reale Borbone-Due Sicilie introdotto con decreto del 21 dicembre 1816

 
Attanasio ha infatti messo in evidenza come l’ipogeo fosse presente nelle tavole degli architetti che concorsero alla progettazione della Basilica, e come le strutture che lo caratterizzano non potessero avere un mero valore di fondamenta e ciò – ha spiegato l’architetto – “sia per le dimensioni, sia per la notevole qualità e spazialità architettonica”. Del resto, si potrebbe aggiungere, nemmeno l’originario progetto “profano” di Murat prevedeva che l’ipogeo assolvesse a una semplice funzione statica. Pertanto, particolarmente indicativo, per il periodo borbonico, risulta un passaggio del testo “Storia dei Monumenti di Napoli”, pubblicato nel 1858 dall’architetto Camillo Napoleone Sasso, che alle pag. 133-134 del II° volume dice: “Evvi la chiesa sotterranea che risponde perfettamente al Tempio superiore. Questa è destinata ad accogliere le ceneri dei Reali di Napoli: essa s’innalza all’altezza di palmi 50, avendo nel centro una colonna di sostegno e base alle volte che formano la covertura del soccorpo, e il pavimento del descritto Tempio”. E funzione di pantheon borbonico attribuiscono all’ipogeo del Plebiscito anche altre fonti d’epoca come l’opera “Notizie del Bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli” di Carlo Celano nella edizione aggiornata da Giovan Battista Chiarini o gli scritti dello storico e geografo Eugenio Balbo.

Secondo la ricostruzione proposta da Attanasio la sala circolare coperta a volta, avrebbe dovuto ospitare il sarcofago del sovrano che l’avrebbe inaugurata, mentre nello spazio circostante avrebbero trovato collocazione le tombe degli altri re della dinastia borbonica. Invece nell’anello che circonda la sala avrebbero trovato posto tutte le tombe dei principi reali.

Intanto è previsto che riprendano a breve, dopo l’approvazione della loro progettazione esecutiva, gli ultimi lavori di restauro a cura del Provveditorato alle Opere Pubbliche, ai quali fra qualche mese si prevede faccia seguito l’apertura per attività culturali della struttura che sarà accessibile da due locali del colonnato annesso alla Basilica di San Francesco di Paola. Oltre al Comune di Napoli il progetto di valorizzazione della piazza, in cui rientra l’apertura dell’ipogeo, coinvolge anche la Prefettura, la Soprintendenza, il Demanio, il Fondo Edifici di Culto (proprietario dei locali sotto il porticato) e la Curia.

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