Documenti: il cranio di Plinio il Vecchio, la testimonianza dell’ingegnere Mariano E. Cannizzaro

scavi_stabia_matrone

Gli scavi condotti dall’ingegnere Gennaro Matrone nell’area dell’antica Stabiae (c.da Bottaro, Torre Annunziata), in una foto del 1901

di Redazione FdS

Il testo seguente – appendice documentaria al nostro articolo sull’argomento – è tratto da “Il cranio di Plinio”, l’opuscoletto che l’ingegnere Mariano E. Cannizzaro pubblicò a Londra in forma privata e in appena 100 copie presso la tipografia Ballantyne Press. Era il 1901 ed era trascorso circa un anno dal ritrovamento di 73 scheletri risalenti al 79 d.C. che il suo collega Gennaro Matrone aveva compiuto in un suo fondo presso la foce del fiume Sarno, nel tratto di litorale fra Castellammare di Stabia e Torre Annunziata. Il testo di Cannizzaro precede addirittura la pubblicazione che lo stesso Matrone avrebbe fatto nel 1903 (e rivisto nel 1909) per documentare i suoi scavi. Il racconto di Cannizzaro si dipana suggestivo soffermandosi soprattutto sul ritrovamento di quello che ritenne subito essere lo scheletro del celebre ammiraglio e naturalista Plinio il Vecchio deceduto sulla spiaggia di Stabiae a causa delle venefiche esalazioni del Vesuvio in eruzione.

pompei_elmore

Alfred Elmore, Pompei 79 d.C., 1878, Yale Center for British Art, New Haven

(…) [Dallo scavo emerge] una lunga serie di grandi camere con grandi aperture verso una specie di corridoio che segue la direzione della strada dalla quale era separato da una fila di pilastri. Dall’altra parte della serie di camere, dove lo scavo si estende, apparisce un grande cortile con forno (chalcidicum); l’edifizio non aveva locali sotterranei, non aveva volte di cui nessuna traccia vie è; consisteva evidentemente in un lungo porticato adiacente alla strada della marina, che incominciando verso la foce del Sarno proseguiva verso Pompei, ed una serie di magazzini; magazzini e portico dovevano essere coperti da un solaio piano a terrazza. Uno dei magazzini era pieno di anfore; gran numero degli oggetti rinvenuti si riferisce all’arte del carpentiere e della pesca. Non essendosi tenuto fino ad ora regolarmente conto delle cose trovate e di come erano disposte, nè potendosi ben esaminare la località invasa dall’acqua e in parte ancora coperta dalla terra, non è permesso emettere giudizi attendibili sulla natura dell’edifizio, che però è probabile fosse non privato ma pubblico per l’uniformità della sua costruzione e per lo spessore dei suoi muri, tutti in opus reticulatum con corsi regolari e risvolti in mattoni. Qui sono stati ritrovati 70 scheletri; fino ora mai tanti se ne ritrovarono in spazio così ristretto.

cannizzaro 1

Alcuni teschi di fuggiaschi ritrovati da Gennaro Matrone sull’antico litorale di Stabiae (da M.E. Cannizzaro)

Malgrado la violenza dell’eruzione gran maggioranza della popolazione avea trovato modo di scampare, evidentemente pel mare vicinissimo dove la flotta deve aver contribuito al salvataggio. Quanto ricorda nella lettera Plinio il Minore volesse fare Pomponiano, deve essere stata l’idea comune a molti. Dove Matrone ha scavato era certamente un luogo d’imbarco dove molti fuggiaschi attendendo il momento di salpare, mal resistendo all’aria soffocante, saranno morti. Dei cadaveri in Pompei e nelle vicinanze trovati, la quasi totalità, se avevano oggetti di valore, li avevano arrotolati in un fagotto, naturalmente chi scappa per improvviso pericolo di morte, non ha nè il tempo nè l’animo di ornarsi di gioie nè mettersi braccialetti, collane e anelli che non ha già indosso, ma raccoglie in furia quanto è per lui più prezioso e scappa. I 70 cadaveri trovati in questo scavo erano raggruppati in maggior numero nell’estremità del portico verso il Sarno e con pochi oggetti d’oro e poche monete, quasi tutte di bronzo. Altri cadaveri erano isolati, uno nell’estremità opposta del portico, e uno nel chalcidicum, anco questi senza nessun oggetto di valore.

Nel centro vi era un gruppo di circa 20 cadaveri, che, a differenza di tutti gli altri, avevano collane, armille e anelli d’oro, pietre preziose, monete d’oro e d’argento, quasi tutte bellissimi conii di Vespasiano. Le collane pendevano ancora dalle vertebre del collo, armille e anelli ornavano tibie e falangi; non erano persone colte da improvviso panico e fuggenti per scampare dalla morte. Ancora un lampo di vita pare che brilli nel fondo delle nude occhiaie di questi nobili teschi.

cranio_plinio_cannizzaro

Il cosiddetto “Cranio di Plinio il Vecchio” (da M.E. Cannizzaro)

Fra questi, appoggiato al muro del corridoio, più alto degli altri, come se fosse di persona che era adagiata sopra una sedia e non stesa a terra, uno scheletro v’era sovranamente imponente nell’ampiezza e rotondità del cranio; aveva al collo attorcigliata tre volte una catena di 64 maglie doro, Phalera pectum fulget; portava al braccio due Torqui brachiales, al dito un anello d’oro, e al lato una piccola daga a lama di acciaio col manico di avorio e fodero guarnito di puntale di bronzo a forma di conchiglia. Li presso si son trovati tripodi, lampade di ogni foggia, statuette, lari di terracotta e di bronzo, tavolette e e quattro testate delle due stanghe e i due puntali dei poggioli di una lettiga. Se fosse stato fatto un rilievo esatto del luogo, e della disposizione tanto dei cadaveri, quanto dei vari oggetti trovati molte induzioni si potrebbero fare.

Immagino con la fantasia un alto personaggio militare, quale lo designano collana, armille, & c., trasportato dagli schiavi in lettiga, che ripara col suo seguito sotto la tettoia di questo edifizio, resta assiso mentre i portatori si sdraiano appoggiando le stanghe al muro, gli fanno cerchio le altre persone del seguito e i servi cercano rischiarare l’oscura notte col chiaror delle torce. L’aria non è che vortice di cenere calda pregna di vapori caustici. Poco refrigerio danno gli spruzzi delle onde che irrompono furiose nella vicina spiaggia. L’infuriare degli elementi dura una notte lunga tre giorni e, quando al terzo dì un leggiero barlume annunzia che il sole non era morto del tutto, quasi tutti della comitiva erano asfissiati o talmente soffocati che poco segno davano di vita.

I pochissimi che avevano resistito non pensano che allo scampo e, dato uno sguardo ai loro compagni giacenti tutti in giro, corrono lungi dalla sorgente di tanta jattura.

plinio_morte_incisione

Morte di Plinio il Vecchio, incisione, XIX secolo

Intanto seguita sempre fitta la pioggia di cenere, alla cenere si mischia sempre in più forte proporzione la pioggia pregna di vapori acidi, tutto finisce con una pioggia torrenziale. Sopraffatto dal peso, il tetto dell’edifizio sprofonda; al lapillo e alle ceneri accumulate dall’impeto dei venti dentro il porticato, alla sabbia, ai detriti accumulati dalla furia delle onde del mare burrascoso, si aggiunge il lapillo e la cenere che s’era accatastata sul tetto e le stesse macerie del tetto. Seguita a cadere cenere e pioggia tutto covrendo, livellando, seppellendo e nascondendo sotto il bigio mantello della morte.

Lo scavo del signor Matrone dista poco dal Mulino Fienzo, quondam de Rosa, in vicinanza del Sarno. Quando questo mulino fu costruito nel 1858 altri cadaveri furono trovati, bronzi lavorati, oggetti d’oro e d’argento in quantità e pezzi di legname quasi pietrificato, ancore, & c. Poco conto fu tenuto di tutto ciò. Gli oggetti d’oro e altri oggetti di valore furono dal figlio di de Rosa venduti al Castellani di Roma e da questi chi sa a chi. Il colono del podere ricorda esattamente queste cose trovate e ricorda che nella sabbia e nella terra era rimasta la impronta di una barca, dentro la quale tutti qugli oggetti vennero trovati; chiama la barca una martingana che per forma e misura risponde alla Liburna.

Quante altre idee non vengono spontanee ricollegando queste scoperte del 1858 con le cose ora trovate dal Matrone. Rileggendo la lettera di Plinio il Minore a Tacito, l’unico documento che esiste della tragica fine del suo zio, tutto pare che confermi la supposizione che la martingana trovata nel 1858 fosse la Liburna dalla quale Plinio sbarcò per riposare alla villa e che avrebbe dato fondo alla imboccatura del Sarno dove si sarebbe insabbiata. Plinio, Pomponiano e la sua famiglia e il resto del seguito abbandonano la Villa e si avviano verso il mare; l’ammiraglio obeso e sofferente d’asma è portato a braccia da suoi marinai. Egli ed il suo seguito riparano a poca distanza dal punto d’imbarco in questi magazzini dove muoiono soffocati. Appena il giorno ricompare, qualche schiavo che ha resistito vede tanta sciagura, vede l’ammiraglio morto asfissiato ma calmo quasi come persona che dormisse, e fugge a raccontare alla sorella e al nipote desolati la sua fine.

Il luogo non è più riconoscibile; il mare si è ritratto; la foce del Sarno spostata, tutto è coperto, nascosto per secoli sotto l’uniforme grigio mantello. Nessuna traccia resta per guidare la ricerca dei cadaveri che si devono lasciare sepolti ove il fato crudele volle che cadessero.

Questa è fantasia, ipotesi ma possibile. Varrebbe la pena rintracciare le testimonianze degli scavi del 1858 e possibilmente gli oggetti che passarono per le mani del Castellani, e importerebbe di proseguire gli scavi del Matrone con assoluto rigore scientifico. Fortunatamente il Matrone conserva ancora quasi tutte le cose scavate e, se di qualche oggetto si è disfatto, potrà dire dove è andato a finire. Dall’esame accurato degli oggetti trovati, tavolette, anelli, pietre incise, alle quali gran peso si dava in quei tempi, altre importanti conclusioni si potranno trarre. Se da queste, a studio regolarmente condotto e ultimato, non verrà fuori la conferma dell’ipotesi or ora fatta credo che si verrà a conoscere un nuovo episodio della vita di Pompei e si potrà narrare come stoicamente perissero sul lido del mare alle foci del Sarno tanto ragguardevole numero di persone.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Rispondi

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnalati *

*

Torna su